mercoledì 29 settembre 2010

Fine prima stagione: tiriamo le somme

Posso ormai dichiarare finita la mia prima stagione di gare: Torbole la eviterò per far riposare la costola; Finale Ligure, invece, ritengo sia decisamente al di fuori della mia portata, visto e considerato che non mi sto allenando alla pedalata da ormai troppo tempo.

Quindi la mia ultima, vera gara è stata in quel di Val di Sole.

Vediamo di capire un po' com'è andata, cominciando con la DH.

Pieve di Teco: 188° su 246, ossia 76/100.
Petosino: 50° su 77, 65/100
Prali: non ci sono risultati, ma è stato un disastro di cadute
Sestola: 66° su 101, 66/100
Commezzadura: 87° su 106, 82/100

Andamento completamente altalenante, chiudendo addirittura con il risultato peggiore di tutt'e cinque le gare (anche se probabilmente molto vicino a quello di Prali).

Passiamo invece alla Superenduro, dove le cose sembrano migliori.

San Bartolomeo: 130° su 214, 60/100
Pogno: 207° su 215, 96/100
Sestri Levante: 169° su 263, 63/100
Molini di Triora: 82° su 129, 63/100
Cartosio: 69° su 120, 57/100

Un miglioramento dovuto, a mio parere, dalla sempre maggiore forma fisica, dato che anche la pedalata ha un ruolo importante in questo genere di gare. Ma pur sempre un miglioramento.

Cos'è successo, invece, nelle gare DH? Sono nettamente peggiorato dal punto di vista della classifica, mentre in verità nel corso dell'anno la mia discesa è decisamente migliorata. Certo, anche gli altri sono migliorati, ma purtroppo, a parte Fasana (il mio compagno di squadra esordiente, 14 anni, col quale non ha senso fare paragoni), non ho modo di fare confronti con la crescita di altre persone.

C'è poco da fare, purtroppo, anche se mi sono reso conto che, nelle ultime due gare (Commezzadura e Melette, che non ho fatto), avevo paura di affrontare i percorsi. E ciò non è bene.

Ora, comunque, ho dei tempi ufficiali su alcune piste: l'unica cosa che posso fare, a questo punto, è quello di ripeterle. Solo a quel punto sarò davvero in grado di valutare il mio margine di miglioramento dopo un anno (7 mesi) di gare.

lunedì 27 settembre 2010

Convalescenza: day 1

Nonostante mi sia fatto male alle costole tre settimane fa, in quel di Commezzadura, la convalescenza vera e propria, temo, comincia solo oggi e immagino andrà avanti per un mesetto, anche se, non avendo gare - se non quelle di Superenduro che, probabilmente, salterò - spero che già tra un paio di settimane possa rimettermi in sella per farmi qualche discesa non troppo impegnativa (onde evitare cadute sulle costole).

Come già ho scritto ieri, sabato, durante le prove a Melette, la bici mi è scivolata via da sotto le gambe e la sella mi è andata a sbattere per bene proprio sulla parte destra del torace. Ho continuato a scendere, ma il mattino seguente il dolore è stato così forte da farmi ritirare dalla gara. E il fatto che solitamente non sia uno che si tira indietro dovrebbe far capire che il dolore non era da sottovalutare.

Melette. Tosta, non c'è che dire. Assolutamente tosta. Più tosta di Val di Sole, nelle condizioni fangose/scivolose di ieri. Bella, però. Molto bella. Un misto di radici e pietre che asciutte probabilmente si passano via senza troppi pensieri ma che con l'acqua e il fango diventano insidiose.

Il mio piano, ieri mattina, prima della gara, è stato quello di fare la pista tutta d'un fiato perché sabato, durante le prove, non ci sono riuscito: cadute; stop per insicurezza; interi tratti col piede a terra; traffico al sassone. Quindi parto, nonostante il dolore, ma alla fine del primo tratto, completamente su erba, zero impegnativo, il dolore si fa sentire. Mi fermo. Riparto. Butto giù il piede sulle prime radicione in curva e già mi rendo conto che sto faticando a controllare la bici, sia perché sono freddo, sia perché sento il dolore alle costole che aumenta. Raggiungo il resto della squadra e il dolore è davvero, davvero fortissimo. Dopo qualche secondo si riparte, ma appena passata una delle prime curve un pochino impegnative perdo il controllo della bici e mi incartoccio. Faccio per ripartire dopo essermi districato con qualche difficoltà, ma la leva del freno è completamente piegata e il manubrio s'è stortato, quindi mi metto in parte. Sistemo alla bell'e meglio e riparto, arrivando al sasso. Faccio la mia traiettoria, ma evidentemente non ci sono con la testa, infatti passo il pietrone ma vado dritto sui materassini. Mi fermo e faccio per riportare la bici in su, ma non ci riesco, il dolore è davvero fortissimo.

E così finisce la mia gara.

Come anche a Val di Sole, anche qui mi sono sentito insicuro e timoroso, anche se in modo diverso: fare una gara significa comunque fare una gara, perciò non ci si può tirare indietro (ed è per questo che mi piace così tanto farle: ti obbligano a combattere le tue paure, i tuoi limiti). Il problema principale, però, è che anche se un passaggio mi riesciva una volta, la volta successiva lo affrontavo comunque con timore. In pratica non riuscivo a dichiararlo superato e ciò, ovviamente, influiva moltissimo sulla mia continuità. C'erano passaggi che faticavo a fare e che ritentavo la volta successiva più veloce e con più sicurezza. E puntualmente li sbagliavo, tornando quindi a farli con fatica, come fosse la prima volta.

Sento d'aver raggiunto il mio limite attuale. Ma anche dire "attuale" non mi consola perché ho come la sensazione che sia il limite massimo a cui possa arrivare. Non di tecnica, ma di timore, di insicurezza.

Ho tutto un inverno davanti per allenarmi e riuscire a smentirmi.

E con l'ultima, arrivò l'abbandono

Pogno no: lunga, pesante, ma non abbandonabile.
Cartosio, dopo una serata alcolica no: calda, ma non abbandonabile.
Prali zero: una caduta in prima manche, tre nella seconda, ma non abbandonabile.
Val di Sole assolutamente: costolata in prova, ma non abbandonabile.

Invece Melette sì.

E così, nonostante tutto, alla fine il mio primo ritiro, al primo anno di gare, è arrivato proprio con l'ultima gara DH della stagione.

Una Melette viscida, sassosa e radiciosa, che spesso mi ha mandato in crisi, ma che potevo portare a termine, nonostante, durante le prove del sabato, mi rendessi conto d'aver raggiunto il limite del mio "pelo".

Facciamo un passo indietro.

Sabato si gira, con quasi tutto il Mitchumm team, e nonostante varie cadute, l'umore è alto. Finché mi scivola via la bici alla cazzo di cane e, in qualche modo, la sella mi finisce contro la costola. La stessa che mi ero infortunato durante le prove in Val di Sole, tre settimane fa, e che stupidamente non ho lasciato riposare.

La giornata si conclude e domenica mattina ci si sveglia.

E la costola fa male. No, anzi, fa malissimo.

Ma mi iscrivo alla gara lo stesso, con l'idea che la situazione possa migliorare con lo scaldarsi della giornata e del mio corpo.

Invece già alla prima discesa mi rendo conto che non ce n'è: la costola fa davvero male, ogni piccolo sobbalzo mi fa emettere un suono di stizza. Eppoi arriva la caduta, qualche decina di metri dopo l'inizio della pista, che mi storta la leva del freno. Riparto, ma vado dritto al sassone. Mi fermo e faccio per risalire per riprovare immediatamente il passaggio. Ma non riesco: spingo in salita la bici, ma il dolore è davvero troppo.

Rimango lì una decina di minuti. Niente cambia. Punto la bici verso valle e scendo a piedi.

La mia gara finisce lì, durante le prove della domenica mattina: il dolore alla costola è forte; forte più del giorno in cui me lo sono procurato; forte più del giorno dopo il giorno in cui me lo sono procurato.

Così, facendo le somme, rimanere attivo in queste tre settimane ha avuto il suo prezzo. Che però non si limita unicamente al ritiro dalla gara, bensì anche alla non-iscrizione alla superenduro di Torbole - prevista per settimana prossima - e all'idea di non mettermi in sella a una bici per un mese. Per potermi riprendere. Fisicamente e mentalmente: è di nuovo ora di fare un passo indietro. O di valutare se continuare o meno.

mercoledì 22 settembre 2010

Alla fine mi sono comprato un tagliatubi con €12 circa da Brico e ho tagliato il manubrio a 730.. col righello, prendendo le misure millimetriche come un autistico.. quindi passo da 750 a 730.

E' ancora da provare, ovviamente, ma ora come ora sento d'aver fatto la cosa giusta, perché a 750 lo sentivo troppo largo.

Al massimo compro di nuovo un manubrio da 780 e lo taglio a 750.

Sperimentare è la parola chiave, ho deciso.

Nel frattempo, invece, mi sono un po' abituato alla pipa corta della RR e devo dire che, dopo un primo momento di smarrimento, sto cominciando ad apprezzarla. Lascio passare ancora qualche giorno prima di dare un giudizio definitivo, ma so già che è stata una buona scelta.

lunedì 20 settembre 2010

Pipa corta sulla Rockrider..

L'altra sera, oltre a fare manutenzione sulla Canyon, ho cambiato la pipa della Rockrider (la bici Decathlon che uso in città, per intenderci), mettendo la stessa che uso sulla Canyon, quindi corta corta. E forse è effettivamente un po' troppo corta, dato che quando mi alzo in piedi mi sento quasi oltre il manubrio. Un po' come quando stavo sull'Ejector (e non mi piaceva).

Dal punto di vista del movimento, sento davvero che la bici si è accorciata notevolmente e in particolare ho notato un comportamento strano: tirare su la bici in impennata mi risulta un pochino più laborioso (devo fare più sforzo e buttarmi più indietro), ma allo stesso tempo, una volta su, mi sembra di starci in maniera molto più semplice e stabile. Allo stesso modo i bunny hop mi vengono più difficili, perché per qualche motivo quando strattono la bici verso di me faccio più fatica ad alzarla.

O semplicemente devo buttarmi più indietro io col peso, dato che il mio corpo è meno centrale rispetto a quando avevo la pipa più lunga.

Mi piace, sperimentare, ma sono sempre lì che penso di fare cagate. Se solo avessi più tempo per montare > provare > smontare e cambiare > riprovare.. sigh..

Proverò il tragitto di ritorno, ma ho la sensazione che rimonterò la pipa più lunga.

domenica 19 settembre 2010

Piccolo pedale

Un po' di risalite e disceselle per Monte Olimpino, stamattina.

L'idea iniziale era quella di andare sul monte Bisbino, ma logisticamente non ci sono riuscito, perciò mi sono dirottato sul Monte Olimpino in compagnia di Mau e amico.

La prima salita non l'ho praticamente sentita. Siamo poi scesi per un pistino abbastanza corto ma molto bello e risaliti immediatamente. Poi discesa fino quasi giù giù, con saluto a Mau che se n'è andato a casa. Risalita col suo amico e discesa di nuovo sul pistino (non riuscivo a frenare molto bene e col fatto che non sono decisamente capace di curvare ero un po' imbambolato), dove, dopo aver salutato l'amico, mi sono fermato per provare una ventina di volte la curva finale con appoggio. Credo senza successo, vabbè.

Alla fine mi sarei potuto fare anche un'altra risalita perché non avevo sentito quasi nulla di quanto fatto fino a quel momento, ma il fatto di essere da solo mi ha fatto desistere.

Allenamento breve, quindi, ma pur sempre meglio del grigiore milanese.

Faccio cagare in curva: non riesco a fare contemporaneamente a) butta giù la bici; b) spingi sul pedale esterno; c) guarda l'uscita della curva; d) non frenare durante la curva. Riuscivo giusto a fare due delle cose contemporaneamente.

Cheppalle.

giovedì 16 settembre 2010

Manubriando un po'

Ora ho, tra le mani, un manubrio da 710 (più uno praticamente identico, errore di acquisto) e uno da 760.

Stavo riflettendo.

Domenica, a Pila, ho fatto un supervolo perché a) poco convinto della linea che stavo facendo; b) troppo veloce rispetto alla poca convinzione; e c) manubrio da 760; e quindi, per evitare di andare addosso al materassino a sinistra che si può vedere a circa 5:01 nel video che ho linkato sotto della quinta tappa dell'iXS European Downhill Cup (lui praticamente lo schiva via millimetricamente ma lui è anche uno che sa davvero andare), ho pinzato intimorito e mi sono cappottato in avanti. Che non è il massimo nei punti ripidi.

Detto ciò, credo che possa essere il caso di sfruttare questo doppio manubrio, cambiandolo in base all'esigenza: se devo fare qualcosa di DH dove necessito particolarmente di stabilità ci metto su il 760; nelle cose DH dove posso aver meno bisogno di una roba larga larga (mi viene in mente Agnona, per esempio, o anche Prali) e nelle gare di Superenduro, posso tranquillamente scendere a 710 o magari al caro, vecchio 730 (con le manopole in fuori).

Detto ciò, credo che la misura giusta per me, in verità, sia di circa 730, ma non credo che il Boobar, per com'è fatto, mi permetta di accorciarlo di altri 3 cm, dato che si allarga abbastanza presto andando verso lo stem.

Domani sera mi metterò a prendere un po' di misure e vedere un attimo se c'è la possibilità di tagliarlo.

760 mi sembrano davvero troppi per le mie spalle e soprattutto 3 cm in meno non mi dispiacerebbero in punti stretti. Come quel passagio a Pila.


More Mountain Biking Videos

Ah, poi ho fatto di nuovo un video al parco, ieri sera, perché le curve al mattino non mi erano bastate.

Come si vede nel video, prima e seconda curva ok; alla terza ho rischiato di uccidere un tizio che correva; alla quarta ho completamente perso il posteriore, che se ne derapa via per i cazzi suoi.

mercoledì 15 settembre 2010

Chiusura a Pila (qualche foto)

Ecco un paio di foto del passato weekend a Pila.




Curvando al parco.. ancora

Stamattina, prima di venire in ufficio, ho provato un po' di curve su terreno un po' scivoloso ma non troppissimo. Inoltre mi sono finalmente ripreso in una specie di mini-stepdown con tentativo di whippata/transfer.. rivedendolo - per quel poco che si rivede - risulta essere molto, molto timido e molto poco whippata/transferizzata.

Ma suvvia, sono ai miei primi esperimenti, non so nemmeno saltare ancora bene e quindi mi devo accontentare.

Da notare che nelle curve appena butto giù il piede il post mi derapa via.

Peccato solo aver fatto le curve solo in una direzione (verso sinistra, che sono quelle che mi vengono meglio).




lunedì 13 settembre 2010

Foto di Val di Sole..

Sembro quasi uno che sa andare in bici..


Chiusura a Pila (parte 2)

La notte passa normalmente e non fa freddo quanto la sera prima, tanto che a un certo punto mi levo il maglione e rimango in pigiama.

Smontate le tende cominciamo a girare: un po' World Cup, un po' varie freeride. Poi, complice la stanchezza e la deconcentrazione, cominciano le cadute.

Sulla World Cup, chiudo assurdamente una curva - non capisco nemmeno perché abbia fatto una cosa del genere - e vado di testa contro un albero, che schizza corteccia da tutte le parti. Mi siedo a terra un attimo per valutare l'entità del danno (ho preso proprio una bella botta) e ringrazio d'aver comprato un casco da MX.

Riparto, ma ormai sono totalmente deconcentrato: sulla prima pietraia, pochi metri dopo, cerco di prendere la linea più a destra e finisco completamente a sinistra, uscendo di pista contro un ammasso di pietrone e impuntandomi. La bici mi vola al di sopra della testa e io faccio un bel volo. Botte e scorticamenti di qua e di là, ma per fortuna niente di grosso.

Riparto, però in testa ormai mi ronza il "non c'è due senza tre". E infatti nella parte finale della superpietraia ripida faccio una delle cadute più grosse che abbia mai fatto: arrivo troppo veloce e nel tentativo di frenare per evitare di prendere il materassino col manubrio, mi impunto e volo. Letteralmente. Fortunatamente dev'essere un punto in cui spesso la gente cade e infatti il mio volo termina su dei materassini stesi a terra, mentre la bici di nuovo fa un volo di non poco conto. Ancora una volta, il volo è stato coreografico, le ferite molto meno (anche se ho perso entrambe le ginocchiere, che devono essersi sfilate mentre sbattevo di qua e di là).

Pausa pranzo, decisamente.

Nel pomeriggio ricominciamo a girare, ma i miei ritmi sono decisamente diversi, sia per la stanchezza che comunque per le tre cadute. Rifacciamo due volte la WC e il passaggio sulla superpietraia ripida da parte mia è molto, molto lento (ovviamente), ma ci passo comunque perché devo assolutamente passarci.

Mi sono reso conto che in tutt'e tre le cadute la colpa è stata solo mia: nella prima ho stretto assurdamente una curva (senza motivo); nella seconda la deconcentrazione ha avuto il sopravvento; nella terza sono entrato troppo veloce e ho pinzato l'anteriore, impuntandomi.

Devo smettere di fare questi errori. E forse un manubrio da 760 è eccessivo.

Chiusura a Pila (parte 1)

Si arriva a tarda notte a Pila, dove montiamo le tende in temperature a dir poco glaciali: pigiama, calze, maglione e testa completamente chiusa dentro al sacco a pelo mi evitano il congelamento.
 
Dopo aver chiuso gli occhi alle 2 di mattina, ecco le chiacchiere di Andrea e Fasana che mi svegliano alle 7, quindi ben 5 ore di sonno intervallate da continui spostamenti dovuti al dolore alla costola. Ma vabbè, fa tutto parte del gioco, ormai.
 
Ho un manubrio nuovo, dato che ero stufo di tenere le manopole fuori dalla loro sede corretta per avere un manubrio da 750mm, ma scopro che è stato tagliato a 760 anziché 750 e per quanto possa sembrare poco, sento che l'impostazione è differente (sono diversi anche altri parametri, ma non so quanto possano influire). Ci scaldiamo sulla freeride Pila – Aosta, lunga millemila km e ovviamente i miei ritmi sono patetici e il modo di affrontare le curve ancora più patetico. Poi mi ricordo che ho il manubrio nuovo, quindi penso il solito “Vabbè, come sempre, dai, è la prima discesa”, sperando che abituandomi alle nuove misure e riscaldandomi bene poi le cose migliorino.
 
Invece i miei ritmi continuano a rimanere abbastanza bassi, con ormai Andrea e Fasana che mi lasciano indietro. Si aggiunge Stefano, un amico di palestra che condivide la mia stessa passione, così scendiamo un po' insieme e le cose cominciano pian piano a migliorare, finché io e Stefano andiamo a fare un paio di discese per conto nostro. E le cose migliorano decisamente. Quando ribecco poi Andrea e Fasana li invito a farci un'altra World Cup insieme, ma purtroppo la funivia chiude e rimandiamo a domani: ho trovato un paio di linee nella pietraia che mi hanno ampiamente soddisfatto, oltre al fatto d'essere riuscito a chiudere bene il primo step up.
 
In serata, prima di mangiare, abbiamo cominciato a provare a fare manual nel parcheggio e, con mia incredibile sorpresa, sono riuscito a tenerlo su per parecchio tempo, intorno ai 5/6 secondi, che potrebbero non sembrare granché ma per me sono un'eternità.
 
Non riesco più a star dietro ad Andrea e a Fasana, ma almeno mi sono preso una bella soddisfazione riuscendo in qualcosa che pensavo non sarei mai riuscito a portare a casa (anche se in modo ancora così modesto e non in un contesto discesistico).

lunedì 6 settembre 2010

Gara DH: Commezzadura - La classifica e foto

87° su 106 partecipanti. Ovvero 82° su 100.

Un netto passo indietro rispetto alle gare precedenti. Decisamente una pista troppo difficile per me.

Prima manche 5'38" e seconda manche 5'25". Un miglioramento di 15" non è da buttare, devo ammetterlo, ma è anche vero che nella prima manche sono caduto due volte.

Un paio di foto scattate dagli organizzatori.




Una riflessione su noi new entries

Mi trovo sempre più spesso a confrontarmi con persone che, come me, hanno cominciato da poco ad andare in bici. Ma ancora più spesso sono persone che hanno un background diverso dal mio.

Mi spiego.

C'è quello che fa discesa solo da un anno, ma che prima faceva bmx; xc.
C'è quello che fa discesa solo da un anno, ma è cresciuto con una bicicletta tra le gambe.
C'è quello che fa discesa solo da un anno, ma è giovanissimo.

Purtroppo le persone come me devono essere contestualizzate per poterne apprezzare l'andamento nel tempo e ciò non è possibile.

Mi spiego.

Quello che da sempre va in bici non capisce come una persona non sappia cosa significhi andare in bici.
Quello che è giovane non capisce cosa significhi avere una certa età e cosa ciò comporta.

L'età.. io ho 34 anni, anche se non li dimostro affatto. Questo cosa significa?


  • Istinto di sopravvivenza più marcato (l'autoconservazione prende il sopravvento perché si ha un ruolo e si hanno obblighi di un certo tipo all'interno della società, mentre un giovane al massimo salta il compito in classe);


  • valutazione dei rischi e delle conseguenze più analitica (i tempi di recupero per una persona che non si è "ferita" così tanto crescendo sono molto lunghi);


  • assimilazione di nuovi movimenti e nuovi comportamenti inficiata dall'età (imparare qualcosa di nuovo è decisamente più facile per un individuo giovane).


Purtroppo ho cominciato questa attività troppo tardi (un anno e mezzo fa, circa) e ieri, per la prima volta sul serio, mi sono reso conto di questa mia situazione. Me ne sono anche reso conto perché, facendo confronti con due ragazzini di 13 e 16 anni rispettivamente (i miei compagni di gare) - consiglio di non farlo, per rimanere convinti di essere superuomini - è risaltato ai nostri occhi che loro hanno avuto margini di miglioramento decisamente maggiori rispetto ai miei.

E' una riflessione che ho cominciato a fare sabato sera, mentre mi rigiravo sul materassino in tenda cercando la posizione migliore per sentire meno i dolori ai gomiti e alla costola dovuti a una caduta completamente inutile e inspiegabile.
E' una riflessione che ho cominciato a fare perché per la prima volta mi sono trovato davanti una pista (Val di Sole) che mi ha davvero intimorito e mi ha fatto sentire inadeguato (potrei attaccarmi all'inadeguatezza del mio mezzo su un percorso del genere, ma preferisco non farlo perché in fondo sono solo scuse).
Ma è anche una riflessione che, al momento, non ha soluzione di continuità perché quello che sto facendo, nonostante tutto, mi piace.

Diciamo che per me è un piccolo richiamo alla realtà. Che, chissà, potrebbe disperdersi al vento, come già tante volte è successo in passato.

E io continuerò ad andare in bici; a lamentarmi dell'età; a tentare di contestualizzarmi agli occhi di chi non può capirmi; a farmi male e a pensare "Ecco, adesso non posso andare in palestra per un mese".

Chissà cos'ha in riserbo per me il mondo della bici.

Gara DH: Commezzadura

DAY 1
Si arriva alquanto tardi e come al solito si gironzola a caso alla ricerca del posto giusto. Finalmente lo troviamo, montiamo le tende e vi ci infiliamo dentro intorno all'1.30 di mattina.

Un rumore forte mi sveglia, nonostante abbia i tappini per le orecchie. “Occazzo, si è bucato il materassino a Fasa e Andrea”, penso, ma comincia a entrare acqua nella tenda, in qualche assurdo modo. Apro e altra acqua si infila ulteriormente: è partito l'impianto di irrigazione.

Trasciniamo le tende dall'altro lato della strada.

Un paio d'ore dopo si ripete, identica, la scena: parte l'irrigazione del lato opposto. Ovvero il nostro attuale lato. Che due palle.

Sono tutto bagnatello, oltretutto mi sono dimenticato il sacco a pelo a casa e quindi è terrificante, tra freddo e umido.

DAY 2
Dopo la nottata infernale, finalmente arriva il giorno.
Montiamo tutto, compriamo i pass e cominciamo a provare la pista di gara: è molto, molto tecnica; molto, molto difficile. Ci hanno fatto un campionato del mondo, dopotutto, quindi ce lo si aspettava un po' tutti.
C'è qualcosa che non va, però: non ci sono con la testa, penso ad altro (cose come "Non so di cosa stia parlando"), mi sento teso e preoccupato e molto, molto deconcentrato. E infatti cado. Più volte. Finché non mi faccio male. Oltretutto in un passaggio dove cadere non c'entra assolutamente nulla. Mi impunto nel vuoto, perché non c'è motivo di impuntarsi, cado in avanti e vado a sbattere con entrambi i gomiti e col busto contro una lastra di pietra. Manca il fiato, fa male, quasi come a Collio l'anno scorso, quando ero rimasto poi fermo un mese. Anche la bici si danneggia, col bash che si rompe in tre parti, due delle quali si staccano.
Raccolgo i pezzi, mi siedo a lato e aspetto un po', poi riparto e scendo.
Continuo a girare per il resto della giornata, ma se prima non c'ero con la testa adesso ci sono ancora meno. All'ultimo giro faccio il muro finale a caso ed esco un po' di pista: mi devo fermare, inutile proseguire.

Ora sono in tenda, pronto a un'altra notte di freddo, con in più l'altissima probabilità di non prender parte alla gara, perché se magari potrei stringere i denti per la costola, per il gomito la vedo molto, molto dura, dato che ho provato a fare dei semplici movimenti con la bici dopo aver smesso di girare e non ci sono riuscito e si sa che il giorno dopo, di solito, è anche peggio.

Non credo ci sia nulla di rotto, ma in questo momento il dolore è tale da non permettermi di andare in bicicletta nel modo in cui dovrei andare.

Ok, fanculo, è una gara, posso anche non prenderci parte, ma le prossime settimane?

Devo ammettere che in verità sto pensando che tutto questo non serva a nulla: ormai ho 33 anni, quasi 34.. vado in bici da solo un anno e mezzo e mi piace molto, ma fare gare è un'altra cosa.. la pista, l'ho percepito subito, è molto bella ma il livello tecnico necessario è alto.. troppo alto per me.. ma mi manca anche il pelo necessario per affrontarla nel modo giusto.. e nonostante percepissi ciò, ho voluto farlo lo stesso.

Ho fatto il passo più lungo della gamba: ho bisogno un po' di riflettere e di capire meglio cosa voglio fare e come voglio farlo. Soprattutto non si può fare un'attività del genere col timore: io oggi avevo timore, perché la pista e tutto ciò che ci gravita intorno mi hanno spaventato.

Devo imparare ad ascoltare le mie sensazioni e fare un passo indietro.

DAY 3
La prima cosa che faccio è sentire come sta il gomito.. e lo sento messo bene. "Mmm, lasciamo passare qualche minuto", ma non cambia nulla e quindi decido di fare la gara lo stesso.
Le sensazioni oggi sono diverse, mi sento più tranquillo e infatti affronto il percorso meglio.
Faccio quattro discese e in un tutt'e quattro non riesco a fare una tirata unica, dato che il percorso è davvero stancante.

Prima manche
Parto e appena infilatomi nel bosco vado a caso. E ovviamente cado. Recupero rapidamente la bici - non perdo troppo tempo - e riparto al volo. Tempo di fare qualche decina di metri e cado di nuovo. Manda affanculo qualcosa di virtuale e in tempo zero mi demoralizzo. Qualcuno del pubblico però mi urla "Dai, sei appena partito, vai, forza!" e quindi prendo la bici e riparto.
Nella seconda parte del percorso va meglio e riesco a fare più o meno quello che avevo intenzione di fare. Arrivo sul muro finale e passo a frenare con due dita anziché uno perché mi fanno male le mani.
Chiudo con 5'38".

Seconda manche
Essendo caduto due volte, posso solo migliorare. Per assurdo decido di andare più lento. E arrivo in fondo senza grossi problemi. Anzi, in verità riesco ad azzeccare completamente tutte le linee che volevo azzeccare, nonostante mi rendo conto che sono al di fuori della mia portata. Nell'ultima parte, di nuovo, freno con due dita, ma tutta la discesa, decisamente più lenta rispetto a prima, è comunque più pulita.
Chiudo con 5'25".

Non so in classifica generale dove mi sono posizionato (non nel dettaglio, per intenderci), ma in quella di categoria sono terzultimo e in quella degli amatori qualcosa come 54esimo su 65.

Di per sé un risultato pessimo, ma in verità no. No perché la pista era totalmente al di fuori della mia portata.

Mi spiace essermi demoralizzato, ieri, a causa della caduta; a causa della mia incapacità di gestire bene questa pista così impegnativa e affascinante.

Per l'ennesima volta nel mio anno e mezzo di esperienza in bici, devo fare un passo indietro e tornare coi piedi per terra a quella che è la mia realtà e alle mie capacità.

Ovviamente ci si vede alla prossima gara.