venerdì 23 novembre 2012

Di notte poi è così

Ieri la notturna in solitaria non ha dato grandi risultati sotto tutti i punti di vista.

Potrei chiudere il post così ma non avrebbe senso quindi approfondirò, che tanto, sul treno, ho tempo per farlo (nonostante scrivere col telefonino sia come andare in bici rimuovendo la sella e adagiandosi sul reggisella telescopico rotto che fa su e giù che nemmeno Rocco).

La salita va tranquilla, anche se, come ho cominciato a capire, se mi si chiudono gli occhi dal sonno significa che sono stanco. Arrivo alla salita sterrata del Scioscia (il mio nuovo giro enduro), senza traccia gps perché ho già fatto il giro dire volte e confido nel mio senso dell'orientamento.

Infatti quando arrivo in cima, dopo una fatica immane che reputo colpa del terreno umido, ricoperto di foglie e particolarmente smosso, non so dove cazzo andare: gironzolo un po' al buio tra gli alberi senza successo e alla fine opto per la discesa dalla salita (paradosso.. mindfuck!): mi rendo conto che quando esco con altra gente in notturna sono come una pecora che segue il gregge e che in notturna solitaria il mio stato psichico è un po' particolare, dato che sono dannatamente solo, dannatamente al buio, in un dannatamente bosco. Lo so, avrei dovuto scrivere "dannato" ma avrei perso il ritmo.

Durante la discesa mi accorgo di quanto sia in una posizione passiva, col peso troppo indietro: il fondo è molto scassato, ma mi sento più instabile del solito, senza un vero motivo, e ciò si riflette anche nel continuo, isterico sobbalzare della luce e del mio sguardo, che è strano: la sensazione è che non riesca a star dietro con il cervello a quello che gli occhi stanno vedendo.

Arrivato giù decido di andare verso Canzo per la carrabile, giusto per allungare il giro: questa carrabile la faccio di solito (vabbè, due volte) con la xc e la sella alta, quindi verso 3/4 mi fermo perché mi sto annoiando: per prendere velocità dovrei pedalate, ma non ha alcun senso, perché questo non è fare discesa, per dio!

Torno in su e prendo la parte proserpiosa, ma mi rendo conto decisamente di essere stanco, quindi opto per il giro corto.

Arrivo all'imbocco della discesa, abbasso la sella e parto.
STOP! La canzone in cuffia non mi gasa, quindi torno indietro, cambio brano e riparto.
STOP! Non ho acceso tutte le luci, torno indietro, accendo e riparto.
STOP! Prendo dentro una pietra nascosta tra le foglie, rischio il volo, quindi torno indietro e ripeto il passaggio.

Mi ritrovo di nuovo col peso arretrato e una fortissima sensazione di instabilità e passività. Strano, davvero strano.

A fine giro mi accorgo d'aver rotto un raggio: probabilmente sul Scioscia, mentre passeggiavo nervosamente tra gli alberi aspettando in qualsiasi momento di incrociare la Strega del Scioscia (amica della Strega del Canzo, che lava i panni), tutti quei rami a terra che continuavano a mettersi tra i raggi hanno fatto bene il loro lavoro.

Decisamente una notturna da cancellare e rimpiazzare con quella che farò settimana prossima: il weekend dopo il prossimo non sarò in sella, quindi le notturne saranno il mio unico contatto con i monti.

Ah, ringrazio la pietra smossa che è venuta a salutare il mio stinco in modo un po' troppo ravvicinato.

mercoledì 21 novembre 2012

Notturna con spd e scarpe non spd

E anche questa l'ho provata: una lunga discesa - molto bella, per la cronaca - ma non gustata perché mi dimentico di portare dietro le scarpe con gli attacchi.

Ok, ho i pedali Shimano che hanno anche un po' di piattaforma, ma quando, appena cominciata la discesa, perdo entrambi i pedali, cambio immediatamente il ritmo e scendo piaaaaaano e caaaaauto. Oltretutto ho le scarpe con la suola così liscia che una donna pelosa che deve fare la ceretta ogni settimana mi invidierebbe non poco.

La discesa parte dai Corni di Canzo, dopo una salita non particolarmente lunga ma perennemente in pendenza. Affrontata però al giusto ritmo e con l'entusiasmo della prima volta (oltre al fatto che di notte non vedi oltre 20 metri davanti a te e quindi non ti viene quella roba tipo "Coooooosa? E devo salire di lì? Fuckin' hella!") si rivela meno faticosa del previsto. Ma l'ultima parte comunque non credo la ripeterò in sella tanto presto.

Inizialmente la discesa alterna tratti lisci esposti a tratti pietrosi, ma nonostante la traccia principale sia stretta, ci sono molte linee diverse che permettono anche di ottenere un flow decente. Peccato solo che con queste scarpe ad ogni piccolo sobbalzo corrisponda un piede che va dove vuole.

Alla fine riesco comunque a dare un senso alla discesa (tendenzialmente perché scopro una traccia nuova), quindi tornerò posto ad affrontarla.

Con le scarpe giuste e, perché no, di giorno.

mercoledì 14 novembre 2012

V-brake e leve cambio

Finalmente sono arrivati i pezzi per l'upgrade della mia bici da pedalata (ex bici da commuting divenuta bici da xc, anche se in verità l'ho usata solo una volta).

Appena arrivo a casa, alle 19.30, mi fiondo sulla bici.

La prima cosa che faccio è smontare il cambio in prestito alla Canyon, mettere quello nuovo su quest'ultima e rimontare il prestato sulla xc. Approfittando del tutto cambio guaine e cavi, che male non fa.
L'operazione è rapida, che tanto l'ho già fatta in passato. Regolo il tutto e posso finalmente passare alle cose più serie: leve dei freni e dei cambi.

Due volte penso di poter riciclare cavi e guaine e perdo tempo per niente (monto, infilo il cavo, si rovina il cavo, smonto, taglio la guaina nuova), ma quello che più mi fotte è la regolazione dei minchia di freni: il pattino deve stare a circa 1mm di distanza dal cerchio ("uhm, a occhio mi sembrano 1,32mm, ci può stare"), poi deve stare a 1mm dal bordo superiore ("mmmmmnnno.. Mmmmmnnnsì, ecco, ecco!") e poi deve essere bello dritto e parallelo. Ovviamente non è parallelo di default, quindi devo cambiare i distanziali. Ma ho le mani di un parkinsoniano perciò continuano a sfuggirmi come se non ci fosse un domani. Una volta parallelo, allineo il pattino alla parte superiore del cerchio, ma poi gli è troppo vicino orizzontalmente, quindi devo sistemare di nuovo; infine avvito la brugola ma gira anche il pattino quindi devo rifare da capo. Ovviamente tutto questo ripetuto una decina di volte.

Finalmente mi sembra tutto a posto.

Guardo l'ora e noto che sono le 23 circa. Un razzo, praticamente.

Ovviamente quando proverò il tutto giovedì sera nella notturna xc/strada sui sviteranno cose e dovrò regolare il tutto di nuovo.

Ma anche questo è parte dell'irta strada che ho deciso di intraprendere.

Quindi nulla è buttato, solo investito.

venerdì 9 novembre 2012

I rischi in notturna

Ieri sera, nella mia notturna del giovedì, ho avuto un'esperienza strana.

Innanzitutto, dopo aver scoperto che da qualche mese giravo con il propedal tutto chiuso, ho fatto il mio solito giro, però col propedal aspetto.

La prima discesa lasciamo perdere: ho fatto un sentiero nuovo, che avevo fatto settimana scorsa in compagnia e che non mi era piaciuto molto in quanto esposto. Infatti l'ho trovato di nuovo esposto (strano!) e i freni sono rimasti tirati per quasi tutto il tempo.
Beh, ci può stare: da solo, di notte, su sentiero non conosciuto, esposto (ho troppo paura dell'esposto).

Poi me ne sono tornato al solito giro, un giro direi xc con qualche spunto enduro.

I freni, questi sconosciuti: ormai conosco questi sentieri, non ci sono pendenze particolari. Questo significa nuove velocità per me. E dopo aver rischiato di finire a terra malamente due volte nel giro di pochi minuti mi sono reso conto che non frenare, propedal aperto e ritorno veloce al massimo non vanno d'accordo. Perciò ho rallentato un po' il ritorno ed effettivamente la differenza l'ho sentita.

Pompando e saltellando, poi, sono atterrato con l'anteriore su un pietrone e il mio petto si è ritrovato un po' troppo vicino al manubrio (per fortuna la velocità ha permesso alla bici di andare oltre senza impuntare), anche perché non essendoci pendenze particolari guido molto avanzato, schiacciando l'anteriore come non ci fosse un domani.

Credo che questo nuovo giro (incluso quindi il sentiero esposto) diventerà il mio giro da notturna solitaria (magari un giorno vado a vedermi l'esposto con la luce, dai).

Mi sono gasato molto: sono dell'idea che se rischi qualcosa vuol dire che stai spingendo più del solito e quindi che stai alzando il livello. O almeno è quello che mi piace pensare.

Lasciatemelo fare, perché mi gaso.  Mi spavento, anche, però quell'urletto solitario nel silenzio notturno del bosco, dopo che hai rischiato, ha la sua importanza: l'importanza del gasamento.

lunedì 5 novembre 2012

The rainy Dwarfs trail

Ecco il primo video (helmet cam, in questo caso) del pistino.

Domenica mattina è stata una mattinata piovosa, in seguito a tutta una notte di pioggia, quindi non mi andava di pedalare troppo, perciò ho deciso di affrontare il mio pistino, rinominato The Dwarfs trail - grazie a Fagiana per l'ispirazione - in queste condizioni.

Ora, il pistino è ripido e stretto, ovviamente scivoloso. Perciò ho montato le Swampt Thing sperando che mi aiutassero un po' su quel terreno. Infatti credo proprio mi siano state d'aiuto.

Questo è il video. No, non è rallentato, andavo davvero a quella velocità. Soprattutto sono chiarissimi i miei problemi quando le curve sono ripide, in contropendenza e verso destra.

Non è un caso che il mio pistino abbia due curve ripide, in contropendenza e verso destra. Ora devo solo imparare a farle.

Per chi volesse rinfrescarsi la memoria, le foto di tutta la Dwarfs track le potete trovare nei vari post sul pistino.

venerdì 2 novembre 2012

Tu vai, no?

Tu vai, no?, e fai le discese quelle all mountain perché quando sei tornato da Port du Soleil e hai ripreso in mano la bici normale ti sei sentito un mongoloide sui percorsi naturali.

Poi, dopo qualche mese, finalmente cominci ad avere il feeling giusto coi sentieri naturali, stretti, rocciosi bagnati, e dici "minchia, però, dai, non vado male in bici!". E allora senti i tuoi compagni di dh - che hanno seimillordici anni in meno di te - e vai a farti un giretto sulle loro piste. Cioè, non loro perché le lavorano loro, ma loro perché ci girano spesso.

E trovi salti e sponde.
Roba lavorata, in pratica, e niente di naturale.

Di nuovo quella sensazione di essere mongoloide: i salti non li fai (se non quelli che farebbero anche i nonni); gli appoggi li sfrutti un po' ma se sono minimamente viscidi un po' ti spaventi.

Praticamente o ti senti bene su percorsi naturali ma poi vai su quelli artificiali e fai cagare, oppure viceversa.

Ma sant'iddio, ma tutt'e due contemporaneamente non si può, eh?!?!?!?

L'unica nota positiva della giornata, in quel del Sasso, è stato l'aver chiuso, finalmente, il panettone/doppio che, in passato, non ero mai riuscito a chiudere per via della poca velocità. E la cosa divertente è che l'ho chiuso senza nemmeno pompare un pochino: semplicemente ho frenato pochissimo e ho lasciato che le cose andassero come dovessero.
Praticamente anche stavolta ho chiuso qualcosa non perché ho acquisito tecnica nel salto ma perché pur di chiuderlo sono andato più veloce di quanto ci sarebbe stato bisogno.

Ah, ho pure scoperto che avevo il pro-pedal completamente attivo. Ora l'ho completamente chiuso. Vediamo come mi sentirò domani al Canto.

E domenica non mi dispiacerebbe tornare al Sasso. Perché oggi non ho saltato praticamente nulla. E devo smetterla, di non saltare praticamente nulla.